
Riceviamo e pubblichiamo con piacere questo testo inviatoci in un bottiglione (vuoto) di Terrano da uno Hobbit, che ovviamente ringraziamo (per il testo…)
ANTEFATTO
Alcuni mesi fa Calcarea pubblicava un articolo intitolato “Il gatto maggiordomo” a firma di Paolo Pezzolato, Fossile o Fox, come è solito farsi chiamare, sin dall’adolescenza.
Tutto nacque nel tardo autunno del 2019 quando Fox propose a uno sparuto quanto variegato gruppo di appassionati arrampicatori di fare un po’ di “manutenzione” alle vie del paretone di Osp. Fu così che a turno ci alternammo lungo le salite che dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso avevano scritto alcune pagine di una storia fatta di vie misto libera / artificiale che oggi i più talentuosi possono salire direttamente in libera.
I ricordi che conservo di quel periodo sono fatti di levatacce, attese al buio davanti al bar con la saracinesca ancora semi abbassata, bollettino meteo del Primorski dnevnik (il quotidiano del litorale sloveno), la paura nel camminare in attesa dell’alba lungo il torrente impetuoso e assordante che fuoriusciva rabbioso dal grottone di Osp, il freddo, i versi dei pipistrelli spaventati rintanati nelle fessure in cui terrorizzato infilavo le mani, le scritte fatte sulla parete dai primi salitori, i vecchi ancoraggi ruggini e ormai sottilissimi, la fatica dell’artificiale, il saccone da recuperare alla fine del tiro, l’incapacità di tornare in “modalità arrampicata” dopo essere passato alla “modalità staffe”, il mal di schiena ed un vuoto siderale che mai nei precedenti 13 anni d’arrampicata sarei stato in grado di immaginare.

Nonostante questa descrizione si è trattato di un’esperienza singolare e a dir poco formativa. Recentemente sono tornato sul Paretone con Elena a ripetere una via che non avevo ancora salito. Ricordo le sue parole prima di attaccare: “Beh… non è poi così alto…”. Dall’attacco della via si vedeva la cassetta rossa di metallo con il quaderno della via. 6 tiri più in là, fatti sotto il sole di un sabato ventoso di fine agosto, si era resa conto che forse quella cassetta non era poi così vicina… e che per uscire sui prati sommitali sarebbero stati necessari ancora due tiri…
Ma… il titolo non era: “Nuove vie sugli avancorpi sud del Navastolt?” Ecco appunto…
Nel corso dell’estate 2020 Fox è stato compagno di alcune salite compiute assieme a Elena e me e qui riassunte. Suoi gli schizzi qui pubblicati che mi ha chiesto di corredare con qualche riga (forse mi sono fatto prendere la mano…). Così ecco qualche nota tecnica e qualche storia un po’ più “lisergica” che immagino non sconvolgerà più di tanto i lettori di Calcarea, abituati a quelle di caproni e di polacchi e alle burle allegoriche del medico chiodatore.
ULTIMISSIMA NOTA
I nomi delle vie sono nati durante i lunghi avvicinamenti passati a scherzare sulla possibilità o meno di salire le placche della via più lunga con le modalità che ci eravamo prefissati e qui descritte. Da lì lo “Specchio di Sauron” e gli altri nomi. Solo “tornati a valle” e con i piedi per terra abbiamo saputo di non essere gli unici ispirati da Tolkien in terra Carnica… (Tra l’altro complimenti per la falesia della “Terra di Mezzo!”). Passando da una saga fantasy all’altra avremmo potuto ispirarci a “Le cronache di Narnia” o meglio alle “Cronache di Carnia” ma ormai il dado era tratto…
Fatte queste doverose precisazioni, per chi avesse la pazienza di leggerlo con la dovuta ironia e leggerezza, un breve racconto ispirato dalle ore passate a camminare per raggiungere gli attacchi. Gli altri potranno correre subito agli schizzi qui pubblicati e scaricabili. Chi avrà pazienza sarà sicuramente premiato con qualche consiglio nascosto tra le righe.
Sperando di non avere subito il destino di Smigol, rapito dal potere dell’anello e costretto a vivere schiavo del suo “tessoro”, auguro buona e lisergica lettura e buone arrampicate a tutti.

Il Signore dei Tasselli.
“Un tassello per domarli, un tassello per trovarli,
Un tassello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella Terra del Signore Oscuro, dove l’Ombra cupa scende”
LA COMPAGNIA DEL TASSELLO
Inizia così la leggenda di uno sparuto gruppo che il fato fece incontrare dove una volta passavano i crociati e che decise di salire lungo le oscure terre del “Signore dei fuochi” per provare a compiere la sua missione.
Nel corso della stagione più breve loro affinarono la tecnica forando nei pressi dalla caverna vicina al rio Osp, dove a giugno si festeggia la stagione delle ciliegie. Lontano, il “Signore oscuro” nella sua terra natia sentiva la loro presenza e quella del loro trapano. Diversi tasselli furono posizionati lungo le strapiombanti pareti della grotta dalla volta crollata. Delle vecchie vie ora forse qualcuna sarebbe stata ripercorsa con maggior frequenza ma per i viandanti il cuor non sarebbe stato troppo leggero e l’ingaggio e il vuoto li avrebbero accompagnati. Tanto bastò a spargere malumore e oscurità anche tra le terre salmastre. Tra le varie caverne e il sottosuolo iniziarono a spargersi voci e malcontento che indirettamente arrivarono anche all’uomo del trapano, pur non riuscendo a incontrare tali popoli che in cerca di ombra e fresco in quegli antri passavano le settimane stringendo canne, pinzando, tallonando oppure agganciando con ginocchia bardate le pareti e producendo inconsueti e inquietanti suoni gutturali in grado di allontanare qualsiasi altra forma di vita. Era stato il figlio della nobile stirpe, a stretto contatto con gli orchi delle umide e oscure caverne a carpire tali malumori portandoli al “Signore del trapano”. A lui il destino avrebbe presentato un’estate di prove, privandolo del suo maestro mutilato di una mano e costringendolo a salire e forare da solo lungo le verticali pareti fatte di calcio e dolomia, ma questa è un’altra storia…

Il gruppo partito da Osp, così variamente composto comprendeva il “Signore del trapano e della parete”, che il “Signore oscuro” aveva conosciuto inebriandolo proiettando con la luce i ricordi delle sue salite. Egli era seguito dai ragazzi provenienti da terre marine e ventose tra cui un musico, un esperto di macchine a rotaia e il già citato figlio della nobile stirpe. Ad essi si erano aggiunti in minor numero un tacito tenebroso proveniente dalla terra tra i due fiumi, terra di delinquenti, briganti e contrabbandieri, oltre a uno proveniente da terre lontane, per raggiungere le quali sarebbe stato necessario varcare gli oceani e dove il mondo, le ore e le stagioni andavano alla rovescia. Con loro una fanciulla che alla tenacia e il cuore puro univa la conoscenza de l’idioma delle terre lontane e sconosciute che essi che si accingevano ad esplorare…
Fu così che nacque la variegata Compagnia del Tassello…
PRIMA TAPPA DI UN LUNGO VIAGGIO
Una volta riuniti, entusiasti e curiosi iniziarono a salire verso la più meridionale delle terre dei Carni. Non sapevano quale sarebbe stato il loro destino.
A causa di un sortilegio, probabilmente attuato dal “Signore oscuro” presunto padrone di quelle terre, probabilmente venuto al corrente dei loro piani, furono costretti a cambiare mire e itinerario. Nonostante la bella stagione la via per le sorgenti tanto care al tricolore era impedita da improrogabili lavori lungo i valichi alpini. Partendo con l’oscurità sarebbero potuti passare e salire ma altrettanto certa non sarebbe stata la via del ritorno. Dovettero così cambiare itinerario.
La prima tappa del loro vagare fu alle pendici del lago di Avostanis, sopra la foresta animata di Pramosio. Lassù per la prima volta fecero echeggiare tra i monti il sordo rumore del tassellatore. Tale esperienza servì per provare la tecnica, ascoltando i segreti che il mago bianco, “Signore del trapano” stava trasferendo loro.
Lungo le pendici, specchiati nel lago, diversi esseri salivano, e osservavano incuriositi senza proferir parola. A fine giornata la prima linea era tracciata, tre tiri che si insinuavano a ponente di una delle prime salite lungo la parete, allora opera del “Signore dei toscani” e del “Signore dei tabacchi”. Alla seconda sosta trovarono un anello isolato e non descritto nei testi antichi, frutto del passaggio dei sopra citati signori oppure del “Signore del clan dei lepridi”.
Tre tiri per un maestro e cinque apprendisti che tra momenti di caldo puro e altri passati a tremare erano saliti alternandosi nell’apertura.

LE TAPPE SUCCESSIVE DI UN LUNGO VIAGGIO
Durante una prima esplorazione, il “Signore del trapano”, accompagnato dal “Signore delle tavole e del bianco manto” era salito dal versante delle acque minerali, nei pressi della salita al Passo di Giramondo, rendendosi presto conto della lunghezza del percorso, forse carrabile ma dove era vietato transitare se non a piedi. I componenti della Compagnia del tassello, temporaneamente in numero ridotto, si spostarono verso la regione ancora oggi controllata dai Dogi, popolo di presunti adoratori di divini animali, di varie fattezze, da loro evocati all’inizio o alla fine di ogni loro frase. Figli di quella terra che del Santo Evangelista aveva fatto bandiera e dall’idioma italico ma talvolta incomprensibile, un po’ come i Carni, spesso rivolto alle loro animalesche divinità.
Memori delle esperienze dei “Signori del trapano e della neve”, provarono dal più comodo Passo Avanza che oltre a dei notevoli saliscendi nascondeva un tranello in cui sarebbero inizialmente caduti: nei pressi di Casera di Casa vecchia il sentiero da prendere non era quello che deviava dal primo tornante sopra la casa, sarebbero dovuti invece scendere ancora, per poi deviare per una traccia che sulla mappa disegnata su quella carta che poteva essere fumata era indicata con un tratteggio nero e interrotto. Attraverso tale sentiero a mezza costa si sarebbe arrivati alla Casera Avanza di Là di Sopra (qui i carnici hanno superato di gran lunga la mia fantasia… e quella dello scrittore cui mi sono ispirato…), per poi arrivare al villaggio della miniera. A quel punto avrebbero provato con alterne fortune le strade che da lì sarebbero salite verso nord per arrivare sotto alle pareti della mitica “Cengia del Sole”. Appena la vegetazione si sarebbe diradata, guardando verso est / nord est avrebbero scorto i tre bianchi avancorpi dove avrebbero provato a effettuare le loro salite.
Iniziarono dagli avancorpi più bassi e meno minacciosi, salendone uno e passando successivamente al secondo, lasciando per ultimo il temuto “Specchio di Sauron”, di quel calcare bianco e compatto talmente lucente che avrebbe tenuto a digiuno dal sonno per diverse notti. Durante una loro esplorazione fu lo stesso calcare a incoraggiarli alla salita, quando, durante un’esplorazione allo specchio il “Signore del trapano” notò alla sua base una clessidra. Era un segno, quella parete si sarebbe lasciata salire.
E così fu, ma questa è un’altra storia…. Così come quella delle miniere sotto al Navastolt, abitate da orchi al servizio dell’oscuro “Signore dei Fuochi” che in questa sede non mi è dato raccontare…

NOTE TECNICHE:
Le vie poste sugli avancorpi sud del monte Navastolt sono state aperte a comando alternato, dal basso e sempre con passaggi in libera tra un ancoraggio e l’altro. Non sono stati impiegati cliff, sky hook e simili per la chiodatura o friend di passaggio. Sui tratti impegnativi la proteggibilità è attorno a S2 utilizzando gli spit, non sempre anzi spesso difficilmente integrabili con protezioni veloci.
La roccia, spesso molto compatta, con le dovute avvertenze del caso, si tratta sempre di montagna, si può considerare ottima.
Il materiale impiegato e quello presente in via sono indicati negli schizzi allegati a questo articolo.
Le vie sono attrezzate con spit fix da 8 mm di progressione, le soste hanno uno spit fix da 8 mm e uno da 10 mm. Tutto il materiale impiegato è inox.
Le difficoltà tecniche non superano il 6a, noi, sempre in tre, in ogni salita abbiamo utilizzato una coppia di mezze corde da 60m, sicuramente necessaria su “Lo specchio di Sauron” per la discesa a corda doppia. Dall’avancorpo più basso è possibile raggiungere con facili passi di arrampicata la base del secondo avancorpo e attaccare una delle due vie che lo risalgono oppure tornare a piedi all’attacco.

Unico neo l’avvicinamento che, lasciata la macchina a passo Avanza, richiede due ore abbondanti a piedi, tale tempistica, visti il notevole sviluppo e i saliscendi, non si riduce di molto al ritorno.
La guida dei Monti d’Italia Alpi Carniche 2; De Rovere – Di Gallo del 1995 cita alcune vie aperte in quella zona. Da un confronto con uno degli apritori e con descrizioni e disegni presenti sulla guida, tali vie si troverebbero a una quota più elevata rispetto a quelle aperte da noi. Le linee da noi scelte sarebbero state difficilmente seguite da un alpinismo di stampo classico che alle placche avrebbe sicuramente preferito porzioni di parete più logiche per linea e proteggibilità con mezzi tradizionali.
Come già scritto Elena, Fossile ed io ci siamo alternati da capocordata nell’apertura, questo è vero, è doveroso precisare alcuni dettagli: è stato Fox a proporci di aprire in quella zona che altrimenti difficilmente avremmo esplorato. Colui che ci ha accompagnati, ci ha proposto di apire e con pazienza ci ha insegnato le tecniche da lui affinate nel corso degli anni. Se non fosse stato per lui non avremmo saputo dove e come aprire. Un altro ringraziamento va al GARS che ha fornito la spit fix e trapano.
Delle quattro vie qui descritte una supera i 200 m, le altre, sono di tre tiri, tale sviluppo potrebbe porre diversi quesiti al lettore tra cui quello su l’opportunità di aprire tracciati di questo genere. Non credo vi siano risposte univoche e scelte in grado di accontentare tutti… una cosa è certa, la qualità del calcare di queste salite è di una bellezza considerevole, al punto di chiedersi come possa essere sfuggito alle attenzioni di altri apritori, salvo appunto riguardare degli avancorpi staccati dalle ben note cime della zona che nel corso degli anni hanno visto molti forti alpinisti disegnare le “loro linee”. Il lungo avvicinamento sarà ripagato dalla bellezza di un paesaggio bucolico tipico delle Alpi carniche e da un’arrampicata piacevole all’insegna delle rigole o della placca spalmata di aderenza.
LE VIE (descritte come salite, possibili eventuali combinazioni e utilizzo di soste intermedie):
TERZO AVANCORPO

LO SPECCHIO DI SAURON:
Elena Pellizzoni, Paolo Pezzolato, Patrick Tomasin
29.06.2020 e 04.07.2020
7 tiri per 230m
Discesa a doppie lungo l’itinerario
L1 5c/6a 30m 9x 1 clessidra
L2 6a 30m 12x
L3 5c 20m 7x
L4 5b 30m 7x 1 clessidra
L5 4b 30m 6x
L6 4a/III 50 m 6x 2 clessidre
L7 II 40m 2x

PRIMO AVANCORPO – SMIGOL
Elena Pellizzoni, Paolo Pezzolato, Patrick Tomasin
2.06.2020
3 tiri per
Discesa con facile arrampicata nel canale al secondo avancorpo e da lì per prati all’attaccco oppure a doppie lungo l’itinerario.
L1 5b 25m
L2 6a 25m
L3 4a 25m
SECONDO AVANCORPO
Salibile scesi dalla via del primo avancorpo oppure in maniera autonoma.
Le soste presenti, utilizzabili anche in discesa con singola da 70m, permettono di salire le vie spezzandole in tre tiri come da schizzo.

NAZGUL
Elena Pellizzoni, Paolo Pezzolato, Patrick Tomasin
14.06.2020
2 tiri per 85m
Discesa a doppie lungo l’itinerario
L1 5c 50m
L2 4a 35m

GALADRIEL
Elena Pellizzoni, Paolo Pezzolato, Patrick Tomasin
14.06.2020
2 tiri per 45m
Discesa a doppie lungo l’itinerario
L1 5b 20m
L2 5c 25m

UN SENTITO RINGRAZIAMENTO A TUTTA LA COMPAGNIA DELL’ANELLO: Ele, Euge, Maurin, Mauretto, Rodri, Vise, ovviamente a Fox e a chi ha permesso a questa storia di essere immaginata e scritta.
Tutte le foto contenute in questo post riguardano le vie qui relazionate.
Pubblicato su Arrampicata
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